DSCR_codice_della_crisi_dashboard360

Nei precedenti contributi abbiamo visto i principi generali sottostanti alla costruzione del DSCR, nella sua formulazione più classica.

Il DSCR ha fatto il suo debutto anche nel Codice della Crisi, nella versione antecedente la sua entrata in vigore, e più specificamente nell’art. 13, che nella sua versione originale (poi completamente riscritta nella nuova versione in vigore dal 15/07/2022), al comma 1 così recitava: “Costituiscono indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e dell’assenza di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi. A questi fini, sono indici significativi quelli che misurano la non sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare”.

Elemento centrale del Codice della Crisi è costituito dal sistema di allerta e di prevenzione, vòlto alla rilevazione precoce dello stato di crisi e all’assunzione di idonee iniziative vòlte a contrastare l’insorgere della crisi stessa, nella prospettiva della salvaguardia della continuità aziendale.

Il tutto tramite l’adozione, da parte dell’impresa, di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.

Anche se dal 15/07/2022 l’art. 13 del Codice della Crisi è stato completamente riscritto, eliminando ogni riferimento alla costruzione di tali indici, si ritiene utile riportare la posizione sull’argomento del CNCDEC il quale, in un proprio documento del 20 ottobre 2019, aveva proposto l’adozione di specifici indici di allerta, introducendo un sistema “gerarchico” di applicazione degli stessi, a step successivi, che vedeva in posizione di primo piano rispetto agli altri, per individuare la crisi d’impresa, proprio il DSCR.

Per il CNDCEC la periodica verifica della sostenibilità finanziaria nel breve periodo può essere misurata proprio attraverso il DSCR, che indica di capacità di rimborso del debito, a condizione che gli organi di controllo – a causa della complessità di tale indicatore – non ritengano inaffidabili i dati assunti per il suo calcolo.

Contrariamente al DSCR nella sua versione “classica” descritta finora, adatta al mondo bancario e del Project financing, il DSCR riformulato dal CNDCEC in occasione del Codice della Crisi è un DSCR prospettico e a 6 mesi, che scaturisce da un budget di tesoreria o da un rendiconto finanziario previsionale, a seconda del tipo di approccio.

Infatti, proprio per la complessità del suo calcolo, il CNCDEC aveva previsto due approcci alternativi, entrambi basati su flussi previsionali a 6 mesi, ma con queste differenze:

  • Primo approccio: ci si basa su un budget di tesoreria a 6 mesi.

Al NUMERATORE si avrà:

  • le giacenze iniziali di cassa;
  • il totale delle entrate di liquidità previste nei successivi 6 mesi;
  • le uscite di liquidità previste riferite allo stesso periodo (ad eccezione dei rimborsi dei debiti posti al denominatore).

Da notare che il numeratore così calcolato tiene conto anche della gestione degli investimenti e della gestione finanziaria; nell’ambito di quest’ultima, rilevano anche i flussi attivi derivanti dalle linee di credito non utilizzate, delle quali – nell’orizzonte temporale di riferimento – si renda disponibile l’utilizzo; con riferimento alle linee autoliquidanti, invece, esse dovranno essere considerate fruibili per la sola parte relativa ai crediti commerciali che, sulla base delle disposizioni convenute, sono anticipabili.

Al DENOMINATORE si avrà:

  • le uscite contrattualmente previste per rimborso di debiti finanziari (verso banche o altri finanziatori). Il rimborso è inteso come pagamento della sola quota capitale contrattualmente previsto per i successivi sei mesi (nota: si ritiene che vi sia stata una svista in quanto nel rimborso occorre tener conto anche della quota interessi!).
  • Secondo approccio: ci si basa su un rendiconto finanziario prospettico a 6 mesi (più complesso da costruire rispetto al primo approccio!)

Al NUMERATORE si avrà:

  • le disponibilità liquide iniziali;
  • i flussi operativi al servizio del debito (Free Cash Flow from Operations, FCFO) dei 6 mesi successivi, determinato sulla base dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa applicando il principio OIC 10, deducendo da essi i flussi derivanti dal ciclo degli investimenti (a tal fine non concorrono al calcolo dei flussi operativi gli arretrati di cui agli ultimi 2 punti del denominatore come sotto determinato);
  • le linee di credito disponibili che possono essere usate nell’orizzonte temporale di riferimento (con riferimento alle linee autoliquidanti, queste dovrebbero essere considerate fruibili per la sola parte relativa ai crediti commerciali che, sulla base delle disposizioni convenute, sono anticipabili).

Al DENOMINATORE si avrà:

  • i pagamenti previsti, per capitale ed interessi, del debito finanziario;
  • il debito fiscale o contributivo, comprensivo di sanzioni ed interessi, non corrente e cioè debito arretrato il cui versamento non è stato effettuato alle scadenze di legge (e pertanto è scaduto oppure è oggetto di rateazioni) e il cui pagamento, anche in virtù di rateazioni e dilazioni accordate, scade nei successivi 6 mesi;
  • il debito arretrato nei confronti dei fornitori e degli altri creditori il cui ritardo di pagamento supera i normali limiti fisiologici (nel caso di debito derivante da piani di rientro accordati dai fornitori rileva la parte di essi, comprensiva dei relativi interessi, che scade nei 6 mesi di riferimento).

Al di là della successiva riformulazione dell’art. 13 del Codice della Crisi, che ha decisamente smorzato l’appeal del DSCR nell’ambito di tale testo normativo, resta comunque un notevole interesse nei confronti del DSCR così come proposto dal CNDCEC, e ciò è vero soprattutto per il 1° approccio il quale, costringendo alla periodica costruzione di un budget di tesoreria, permette all’imprenditore di raggiungere una maggiore consapevolezza dei numeri della propria azienda, che in questo modo verrebbero monitorati in modo costante e sistematico, cosa piuttosto rara nella stragrande maggioranza delle microimprese a ristretta base societaria o a conduzione familiare.

Nel prossimo e ultimo contributo verrà analizzata una particolare variante nel calcolo del DSCR contenuta nel test pratico per la nuova composizione negoziata della crisi d’impresa.


Daniele Cherubini_dashboard360

Daniele Cherubini

Articoli simili